Blog di guerriglia semiologica e resistenza culturale


"LA REALTA' E' UNA MALATTIA." Valentino Picchi


martedì 18 agosto 2020

NO x NO = SI'

Mentre il virus si gode il suo biologico giro di giostra, la giostra mediale diviene il corpo conteso (dunque contesto) delle ragioni assolute e la malattia il suo fatto totalizzante e politico. Tutto è esattamente come prima perciò, solo un po' più malato: le ragioni del vero - se non sono le proprie - non interessano a nessuno.
Interessano invece i molteplici piani sui quali riflettere - come in una sala degli specchi - non la nostra immagine ma la nostra voce come immagine (1), affinché essa venga rappresentata nella nazione supplementare dell' auto-riconoscibilità, fondata dai vecchi e nuovi media, in cui esercitare il proprio diritto-dovere di cittadinanza: "Second Life", remember?
Bene, in questa nazione hai solo due vie per essere riconosciuto: il "sì" e il "no", e ciò ti verrà comunque imposto se vuoi accedere alle sempre più fraintese possibilità dell'esserci (2). Ecco riaffiorare, nel mare delle opportunità dialettiche che circonda la penisola dei selfie e dell'autoreferenza, alcuni relitti linguistici dell' ammucchio ideologico: "negazionista" per esempio.
La semplificazione del dibattito è la strada appunto facile che chi guida segue per istinto: il mettere da parte, il classificare e archiviare le voci diverse offerte dal mercato libero della razionalità per ammassarle nel mattatoio statistico, sei carne da sondaggio baby.
Temi e drammi universali, che apparterrebbero cioè a una sola forma di ragione e dunque universalmente discutibili per giungere a un progresso comune, vengono compressi nel crogiuolo ideologico della specularità io-contro-te: "Penso il tuo opposto, dunque sono".
Nell'esempio apicale della "shoah" (3) ebraica il dramma universale dell' Assassinio (3) torna a esser percepito solo come dramma particolarmente ebraico se sono, ancora per esempio, i massacri di Sabra e Shatila o il genocidio armeno a subire il vero negazionismo: quello della memoria; così come creare la categoria del "negazionista" sull'esistenza del virus Covid 19 in realtà lo afferma moltiplicandone l'eco e relegando alla irrilevanza, o addirittura alla dimenticanza dell'attualità, il cancro o il diabete. Ciò che nega, in realtà afferma: negar la negazione produce una affermazione che da quella negazione pretende legittimità, subendo poi però il paradosso di auto-declassarsi al rango di opinione e non di verità universale. Una verità vera invece (come la Shoah o l'esistenza del Covid 19) non attende la propria negazione per reclamare le sue istanze, la prescinde dispiegando ipsa natura rei i suoi effetti e lasciandosi interpretare fino al confine estremo della negazione che ne completa l'osservabilità e anzi ne certifica gli assunti.
Il "negazionismo" come tutti gli "-ismi" è un artificio dialettico che punta a escludere tout-court alcune categorie interne al dibattito le quali contribuirebbero proprio al delineamento di quei confini, stabilendo subito come "falso" ciò che ne è fuori, senza costituirlo come suo contrario! Otterremmo sul nascere l'eliminazione del "negazionista" dal dibattito stesso... ma evidentemente egli serve a chi di quei confini vuol possedere le chiavi e le ragioni, di chi vuol disegnarne la geografia (4).
Il virus esiste "ma", il massacro ebraico durante la seconda guerra mondiale è effettivamente avvenuto "ma"... ecco che la creazione della categoria dei "ma-isti" negherebbe la dignità del "ma" pretendendo di escludere "Sabra e Shatila" o il genocidio armeno o il cancro dalla questione universale del male o della malattia, come un passaggio a livello per l'accesso alla memoria storica e agli altari della cronaca che si voglia riservato soltanto a certi mali, a certe malattie: questo passa, questo no.
E' il segreto che tutti conoscono, quel volgarissimo segreto del potere divide et impera dove sono i mezzi a giustificare il fine, anzi a crearlo: il mezzo in questo caso è dar nome "No" al mio "Ma" per imporre, attenzione, non una verità ma i confini della sua confutabilità: puoi discutere ma fino a un certo punto; "negazionista" è l'iperbole retorica che disegna quei confini come mura dialettiche.
Al di là di quelle mura si rende visibile il regno del confronto e della libera indagine, dove ci si saluta abitualmente con un "Ma" e dove i "Sì" e i "No" sono ancora i nomi del dubbio: è il regno della Verità, quello che contiene tutte le nazioni del discorrere e al quale è estraneo il concetto stesso di confine, un regno in continua espansione (5) dove il diritto di cittadinanza spetta soprattutto a chi riconosca per primo di trovarvisi quasi sempre smarrito.

HECHIZO  VP

NOTE

[1] Lo speculo non è infatti il riflettere ma propriamente l' "osservare" ("Spicio": "guardo verso" o come confermano gli inglesi "mirror" dal latino "mirare"), è l'origine stessa delle "specie" che nascono dall'osservazione prima che dallo studio scientifico.

[2] L' olofrastica "Sì" è contrazione del latino "sic est": "è così", dove "olofrastico" è il termine che esaurisce in sé il significato di un'intera possibile frase (escludendo dunque già il "no" per il semplice fatto di essere "sì"). "No" è contrazione di "ne unum": "neppure uno", anch'esso avverbio olofrastico che afferma se stesso in una negazione "sic est: ne unum", dunque il "no" non esiste se non come affermazione che in effetti è tratto fondamentale di tutto ciò che e-Sì-ste.

[3] La ridondanza retorica del maiuscolo o della sua assenza...

[4] Come nelle cartine geografiche fisiche e politiche dei continenti dove l'armonica coerenza dell'orografia terrestre rappresentata nelle prime, viene artificialmente frammentata nelle seconde dalla rappresentazione dei confini politici esistenti tra le nazioni.

[5] "Ma" è "magis": "più", "di più". Il "ma" non nega, aggiunge.