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I governi del mondo navigano più o meno a vista quanto alle misure da intraprendere per fronteggiare la problematica del Covid 19, con le ripercussioni sul piano economico e sociale che stiamo osservando. La scienza “ufficiale” ancora non offre le adeguate risposte almeno per porre a tacere le più esacerbate teorie complottiste: la bilancia dialettica resta in sostanziale equilibrio mentre il fronte scientifico non riesce a procedere oltre quello sterile determinismo autoreferenziale che viene sbattuto in faccia all’interlocutore di turno, non offrendo risposta certa a tutte le ragioni della curiosità usa la ragione del martellamento mediale (1).
Fidarsi
dei responsabili autoproclamatosi tali da non ben chiare, o forse chiarissime,
eziologie metapolitiche è quanto mai un atto di fede: vaccini sì però, distanze
certo ma, mascherine in modo che, guanti invece no, il virus poi chissà… la
scienza è un atto di fede, voilat (2).
Come
in ogni forma professionale dei linguaggi (quello medico per esempio) la
proliferazione dei concetti corrisponde a un’attenzione più concentrata verso
determinate proprietà del reale, il reale stesso diventa oggetto del pensiero
finché questo rappresenti un mezzo per la soddisfazione dei bisogni dai più
elementari ai più complessi, così il cammino della ragione accomuna l’uomo
antico al moderno: la varietà delle opinioni, il tenore della possibilità
speculativa, è data dalla intensità dell’osservazione.
E’
in questo che l’osservazione stessa – lo insegnano gli antropologi – si evolve
da processo spregiativamente definito “magico” [3] da parte dell’uomo moderno
rispetto all’approccio fideistico dei suoi antenati, in “metodo scientifico”:
questo è ciò che chiamiamo progresso. Ma sarà poi così razionale immaginare – sì,
“immaginare” – che il comportamento (alias: linguaggio) scientifico si sia
sviluppato in modo prettamente lineare partendo da un atteggiamento
superstizioso fino all’attuale forma che si vuole puramente “laica” e
“razionale”? Ma non è forse il progresso scientifico un continuo abbandono di
credenze prima elevate a verità assolute?
Il
problema non è stabilire il legame esistente fra un intruglio di spezie e la
guarigione dell’anima men che meno di quello fra la caduta di una mela e il
moto dei corpi celesti, ma indagare la meccanica del pensiero che quei legami
accomuna tutti: la riduzione dell’iniziale caos intuitivo a forma ordinata del
ragionamento, fino alla prossima tappa intuitiva che, creando del nuovo
disordine attraverso la confutazione, produrrà un ulteriore progresso verso la
comprensione del fenomeno e della sua complessità.
Di
fronte alla novità che interroga, l’uomo ha sempre lo stesso atteggiamento: vi
specula in funzione dei suoi bisogni ponendo nei territori del dogma (4) ciò
che, se messo in discussione, possa minare le fondamenta dell’architettura
logica su cui egli fonda il soddisfacimento di quei bisogni. E’ più utile
interrogarsi prima e seriamente sui bisogni che l’uomo moderno ha selezionato e
gerarchizzato e quindi poi sulle risposte che il contesto di cui fa parte gli
invia: Covid 19 è oggi una di queste risposte, non certo la domanda. Ed è
proprio in merito al modo di porci la domanda giusta che siamo
antropologicamente pressoché in un fase magica e fideistica: distanze?
Plexiglass? Vaccini e microchip? Sono domande immaginate in un ambiente
dialettico, quello tra noi e la realtà, identico a quello dell’uomo primitivo
(5).
La
rivoluzione delle geometrie sociali – che è il nostro lancio dei dadi, il
nostro indagare le interiora della bestia augurale – rappresenta una modifica
del rito linguistico: l’abbraccio, il bacio o l’impropero urlato in faccia,
costituiscono linguaggio come tutte le dinamiche della prossimità, ed è anche
dalla articolazione e dalla qualità di questo linguaggio che possiamo riuscire
a distinguere il vero progresso dell’uomo nuovo in mezzo ai residui di una
balbuzie scandita dal timore apotropaico dell’altro e dalla reciproca
emarginazione.
HECHIZO ♠ VP
NOTE
[1] La “ratio” è
ragione derivante dalla “razione”: per sua natura non rappresenta l’intero ma
una parte sola della verità; è la ragione dei relativisti infatti che però si
trasforma in valor di fede quando pretende, contraddicendo se stessa, di
occupare tutto lo spazio della verità affermando “tutto è relativo”: il
relativista come il miglior ultrà del (suo) dogma?
[2] “Quanto proteggono davvero
le mascherine chirurgiche? Non si sa.” (Giuseppe Remuzzi, secondo medico
italiano in base all’indice di autorevolezza scientifica H-Index. Fonte:
intervista a “Il Messaggero”).
“Sull’ immunità non ci
sono certezze. Un vaccino per il coronavirus non è mai stato provato sul campo,
quello in studio per la SARS si è fermato alle fasi preliminari. Sarebbe il
primo contro un coronavirus.” (Alberto Mantovani: patologo, immunologo,
divulgatore scientifìco e accademico, al primo posto fra gli scienziati italiani
nell’ indice di autorevolezza scientifica H-Index. Fonte: intervista al
“Corriere della sera”).
[3] Dall’ antico
persiano “magu”: questi i sacerdoti che in Persia erano anche medici e uomini
di scienza. Anche fra gli indiani d'America l' "uomo di medicina" era lo sciamano: arte medica e religione combaciavano.
[4] Che origina da
“dokeo” (“opinare” e “credere”): il dogma è dunque pur sempre un’opinione.
[5] La magia delle fasi
1,2,3… con cui ci viene dato di scandire il nostro tempo sociale si pone
visibilmente in atto nella serie di epifanie che abbiamo visto manifestarsi di
fronte ai nostri occhi: dalle strade deserte ai volti coperti, alle innaturali
distanze che dobbiamo imporci insomma a una intera visione del teatro sociale
drasticamente trasformata dal sortilegio della legge: è infatti la “phasis”
un’apparizione, un mutamento della forma di ciò che osservi.
Articolo...... Magico.
RispondiEliminaDipende dalla magia del pensiero di chi legge... ;-)
RispondiEliminaInteressantissimo, me lo condivido
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