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Questo
il messaggio con cui i gestori dei social-network di Zuckerberg hanno
giustificato l’oscuramento delle pagine di Forza Nuova e Casapound insieme ad
alcuni profili di esponenti politici e consiglieri comunali appartenenti alle
medesime organizzazioni. La mia attenzione è caduta sulle parole, o meglio, sui
concetti che ho evidenziato in maiuscolo.
La
curva di sinistra della tifoseria social ha esultato sventolando il bandierone
del “dagli al fascio” la cui ombra rossastra (ma il colore dell’ombra è un
altro attenzione) pare ormai potersi autolegittimare dal pennacchio censorio di
un qualsiasi Minculpop, non da meno
la curva di destra ha gridato allo scandalo lagnando una condotta
antidemocratica che è alla base di quelle ideologie totalizzanti di cui
vorrebbe riprodurre i connotati. Quelli in tribuna, come sempre, si godono lo
spettacolo migliore ma questo è un altro discorso.
Affermare
con chiarezza che la censura fosse avvenuta per una “manifesta vocazione fascista”
dei soggetti in questione avrebbe almeno sgombrato il campo, e il testo, da
qualsiasi dubbio interpretativo in merito alla natura “fascista” del testo
stesso: chiamiamolo “paradosso di Zuckerberg”.
Concetti
come “odio” o “amore” hanno confini ermeneutici così vasti che la possibilità
di restringerne il perimetro e arrivare a una loro specificazione non può che
restare illusoria: chi può darne un’esauriente e inattaccabile definizione?
Cos’è l’ODIO, cos’ è l’AMORE? Avanti con le opinioni (1). E proviamo a rispondere a
questa domanda: chi sono GLI ALTRI? Forse chi non la pensa come noi? Il nostro
prossimo in generale? Insomma “CHI SONO” gli amici o i nemici? Concetti come
vuoti contenitori che è possibile riempire di qualsiasi liquido da parte di chi
ha la mano sul rubinetto del significato.
Il
gesto censorio che si autoproclama etico sconfina fatalmente nell’-Aut estetico (2). La questione estetica
nella vita politica di una comunità è stata spesso arbitro dei più drammatici
scenari che la storia ci racconta: “Odiare l’ebreo è bello perché giusto” è
etico in quel momento come ad esempio il diritto di compravendita su uno
schiavo in quell' altro luogo della storia… ma è sempre un fatto estetico, gesto
ideo-logico e arbitrario trasformato in visione socio-logica attraverso la
narrazione mediale, opera di quelli che sono i padroni della narrazione stessa:
la dittatura è in fondo dettatura non solo dal punto di vista etimologico:
impone un linguaggio. Allora quando un concetto, per la sua ampiezza, è capace di più declinazioni tanto più comoda sarà la sovrapposizione tra fronte etico e
fronte estetico in ordine alla rappresentazione della realtà con tutte le
derive del caso: “nazismo” e “fascismo” ad esempio, o “comunismo” e “maccartismo” (3) sono le versioni etiche di un tempo sociale che si consolidano come visioni
estetiche (4) di una società, produttrici di comportamenti interpretati come etici
nel momento della loro maggior influenza.
In
questo luogo particolare della storia il “padrone” dell’Odio – cioè della sua
declinazione – è un soggetto privato che è anche padrone dei nomi de “Gli
Altri” e oltretutto “A prescindere dalle ideologie” per cui non importa in
realtà che tu sia fascista o comunista, di sinistra o di destra, bello o brutto:
decido io cosa è odiare e chi sia il destinatario dell’odiare da me
significato, almeno nel mio giardino; il che apparirebbe del tutto legittimo
non fosse per il fatto che il giardino in questione abbia un’estensione fisica
più o meno pari a quella concettuale dell’ “Odio”: trattasi di una
multinazionale che gestisce la comunicazione fra milioni di utenti e dei loro
dati in tutto il globo, siamo in presenza di un vero e proprio Stato virtuale
con un monarca, un apparato tecnico-amministrativo, una cittadinanza (con tanto
di anagrafe) e, udite, una legislazione; un po’ troppi gli attributi pertinenti
alla sfera del pubblico per considerare realtà come Fb, Instagram e Whatsapp
una proprietà privata, non foss’ altro per il fatto che i cittadini-utenti –
coi loro like, memes ecc. – producono reddito e PIL come un qualsiasi
imprenditore o lavoratore in genere che operi all’interno di un sistema
organizzato ed economico perciò.
Come
arginare dunque la probabile deriva “fascista” e totalizzante che incombe sulla
nazione virtuale dettata da Zuckerberg quando cambieranno le regole dell’
“Odio” e i nomi de “Gli Altri”? Come evitare che la curva sbandierante di oggi
non si ritrovi a essere un domani vittima dello stesso ostracismo dialettico?
Redistribuire
dal basso non solo la libertà di parola ma gli strumenti che la presuppongono
potrebbe essere un’idea di partenza tanto ambiziosa quanto complicata, ma è
certo che la percorribilità di un “social-socialismo” rappresenterebbe quantomeno
un orizzonte post-ideologico da tenere in considerazione. Intanto io credo che
convenga osare: tacendo forse e sottrarsi così a questo che non è più un
diritto ma un dovere di cittadinanza dove stiamo coltivando l’illusione di
un’amplificazione della nostra parola. Quanto mai oggi verifichiamo come la
parola è azione, dobbiamo scegliere le nostre azioni non al posto delle parole
ma in quanto parola. La storia ha poi spesso dimostrato che, se toccati da una
dittatura, certi popoli sono riusciti a scamparvi cambiando le regole del loro
linguaggio, perché il linguaggio trova sempre una strada anche per accomodarsi
in luoghi impervi e terribilmente estesi come “Odio, “Amore”… “Libertà”, fino
alla prossima riscrittura.
HECHIZO ♠ VP
NOTE
[1] Da un'antica radice indoeuropea "UAD" che vale "spingere": odio è una spinta verso, una manovra: trattasi di individuare il manovratore non dell' odio in sé ma del suo significato.
[2] Suggerisco l'utile lettura di "Aut-Aut" - S. Kirkegaard
[3] Termine legato all'esperienza politica del senatore americano Joseph Mc Carthy che, all'inizio degli anni '50, scatenò un'ossessiva "caccia al comunista" all'interno delle istituzioni statunitensi (in particolare nelle gerarchie militari): il termine è entrato nel linguaggio politico comune per descrivere un clima di sospetto generalizzato e dialetticamente esasperato che è stato poi sintetizzato nella formula trasversale "Caccia alle streghe".
[4] La parola "estetica" è legata proprio al mondo del sentimento: dal greco AISTHETIS = sensazione, sentimento che Baumgarten inaugura, nel 1700, come "scienza del bello". Le "migliori" dittature sono quelle che si appropriano dei sentimenti: sono questi a produrre la visione da qui scaturisce il quadro etico (la visione crea il quadro, se ci piace anche ragionare in termini quantistici).
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