Le giornate
della Terra conoscono alba e tramonto: anche quella “contro la violenza sulle
donne” ha conosciuto il suo, più difficilmente sarà la violenza a cessare
purtroppo.
Se le parole
sono fatti e viceversa, possiamo facilmente osservare come il megafono social o
quello televisivo non creano il parlato in quanto non producono fatti poiché,
altrimenti, il fatto auspicato (la cessazione della violenza sulle donne ad
esempio) determinerebbe la fine di quello stesso parlare: finalmente il
tramonto della “giornata contro la violenza sulle donne”.
Questo accade
perché social, quotidiani e tv – i media in somma – amplificano e riproducono
immagini e concetti (che sono fatti e dunque parola) sempre sul piano della
conseguenza e mai su quello della causa, ma la fotocopia di una verità non è la
verità.
Non ascoltare
passivamente la parola “femminicidio” ma leggerla sul piano della causa ci
permetterebbe di capire davvero chi, come e perché stiamo uccidendo: la voce è
femmina, ascoltiamola (1).
La schiera dei
possibili colpevoli si allargherebbe sorprendentemente rispetto alla sola risma
del maschiaccio prevaricatore, tale perché più forte fisicamente o
psicologicamente o socialmente: circostanze. Il “maschio” lo conosciamo:
prevedibile e a volte patetico, spesso debole anzi quasi sempre… stupido?
Stupido. E non per questo giustificato ovviamente. Ovviamente. D’altronde,
dicevamo, il maschio è circostanza: sempre figlio e sempre eventualmente, madre
mai, padre forse.
Chiediamo perciò
alle donne notizia de La Donna che è causa Lei sì: quanto complicato, oggi,
anche e proprio per loro offrircene una descrizione assoluta? L’indagine su La
Donna trattata come verità rispetto a quella sulle donne trattate come la Sua
fotocopia, è indagine sulla parola: il m odo in cui La donna è parlata
(divenendo dunque fatto) anche dalle donne, il loro abitare (2) il discorso può
fatalmente trasformare, nell’ indice delle fattispecie, il “femminicidio” in
“concorso in omicidio”.
Ora, se stai
traducendo da queste righe l’intento di indicare le donne come colpevoli o
complici delle violenze che subiscono, stai semplicemente confondendo la parola
“causa” con la parola “colpevolezza” ed è questa la tua vera colpa: la stessa
che è nel vizio di confondere Donna e femmina, Uomo e maschio.
L’indagine è conclusa.
Il relativismo
linguistico che moltiplica immagini uguali a se stesse, senza soluzione, si
risolve come industria: quella della comunicazione che, per la sua natura di
industria, non può che tradurre corpi e concetti in immagini di corpi e
concetti: prodotto. E’ questo mercato delle albe a farci complici di un solo
enorme e sanguinoso fatto: l’assassinio del valore assoluto, del soggetto
(femmina o maschio) che crea da sé il significato, quel valore è il fatto
“individuo” (3).
Il crimine –
vostro Onore – è contro l’Uomo, ma se la
verità come la voce è Donna, troverà in Lei l’unica possibilità di risorgere.
Dunque a Lei l’ultima parola che poi è la prima per ogni uomo (4).
HECHIZO ♠ VP
NOTE
[1] La radice sanscrita
“DHA” per dha-yami: “io succhio”, si
è evoluta latinamente in “fa”per “femina” col senso di “allattare” (felare), è fe-conda quando ha in sé l’
in-fa-nte: le leggi del linguaggio associano l’esser femmina al nutrimento
umano, che la destina a nutrire l’uomo col cibo del significato.
[2] “HABITARE” come iterativo di “habere”: frequentare il possesso. E’ infatti della femmina e solo suo il possesso del discorso sulla femminilità: padrona del vocabolario la "donna" è “domina” del linguaggio che la descrive, ne pretenda la giusta articolazione dettandosi da “lei” a “lemma” nel vocabolario della civiltà.
[3] “In-dividuo” poiché
indivisibile: “NON DIVISUUS”, la natura integrale del concetto prima di ogni
sua frammentazione (come quella in maschi e femmine).
[4] “Mamma”: la prima parola di senso compiuto che è la prima descrizione della realtà da parte dell’ uomo sia esso maschio o femmina. I muscoli della mandibola che favoriscono la suzione decidono il primo suono nella forma labiale: quella con cui il bambino battezza il mondo. Ma la parola “madre” non esaurisce la donna come fatto del mondo: non lo sono forse quelle che non sono madri? Infatti la donna è madre sempre, lo abbiamo detto: Madre del significato e, come tale, genitrice del significato umano, dunque anche di sé!