Blog di guerriglia semiologica e resistenza culturale


"LA REALTA' E' UNA MALATTIA." Valentino Picchi


lunedì 9 marzo 2020

RIPARLARE LE DISTANZE


“Nessun uomo è un’isola” scriveva nel ‘500 il poeta John Donne indicando come le sorti degli uni siano intimamente legate a quelle degli altri: la sintesi artistica si rivela sempre efficace e pertinente anche nelle drammatiche circostanze che stiamo vivendo attualmente come comunità [1].
Per contrastare la ritmica del contagio [2] dal virus Covid 19 ci viene richiesto un atteggiamento comportamentale che confliggerebbe con la nostra naturale attitudine sociale permeata della vocazione al contatto [2], della condivisione degli spazi e mai come ora delle sorti [3].
Di fronte a un avversario estremamente dinamico come l’aria dobbiamo a quanto pare rispondere con l’immobilità. La cosa risulterebbe alquanto frustrante e appunto innaturale, a dimostrarlo le controverse reazioni di buona parte della popolazione che, a ben vedere, stanno a dimostrare una certa dimestichezza con l’isolamento [4], maggiore di quanto crediamo. Emerge infatti una notevole difficoltà nel ragionare come insieme e soprattutto nel parlarci come insieme: lo spazio mediale è stato sùbito un fragoroso scorrere dei consueti dualismi simbolici nell’ordine cinese-italiano, anziano-giovane, nord-sud… sfociati nell’estuario di una stagnazione dialettica che ha rapidamente svelato, qualora ce ne fosse bisogno, la desolante realtà della nostra interpretazione atomistica del sociale, l’abituale nostro percepirci come isole a dispetto del poeta.
Le istanze [5] dunque hanno occupato quasi interamente lo spazio del parlabile, le porte del dialogo civile ben serrate tranne che per una piccola fessura, come unica possibilità di risposta, per l’appello istituzionalizzato #iorestoacasa, laddove lo slogan scandito dall’alterazione segnica (#) rappresenta l’ultima risorsa della voce deputata al controllo che tenta l’autorevole prima della possibile deriva autoritaria.
Come il corpo umano intorno alla spina dorsale, ogni comunità si struttura intorno al suo linguaggio e prima ancora nei gangli della sua meccanica: curarne il funzionamento significa affrontarne la vulnerabilità come corpo, che è il riflesso sommario dei nostri singoli corpi. La forma più naturale di antidoto va cercata dunque nel linguaggio stesso poiché il comportamento è linguaggio [6]: affrontare lo stress dell’isolamento fisico è possibile e più semplice rovistando nell’isolamento esistenziale che ci accomuna come segno dell'epoca, in un paradosso sociologico che abbiamo l’occasione di sovvertire. Allora se diciamo la distanza come opportunità, l’opportunità non si risolverà in semplice distanza cioè quella che spesso - nello stare fintamente insieme - mascheriamo con una falsa socialità, perché è piuttosto nell’ essere insieme che essa produce le giuste misure, quelle buone per l’uomo in grado di spezzare l’illusione del tempo e trascendere le forme dello spazio.

HECHIZO  VP

NOTE
[1] Comunità è proprio l’opposto di immunità: se il com-munem è la con-obbligazione (l’obbligo che lega i più), l’im-munem (non-obbligazione) è la sua negazione. Del MUNIS la radice è nei suoni “ma”, “mu”, “mau” indicanti “misura” che per noi si concrerizza nel metro di distanza tra i membri coobbligati al rispetto delle geometrie che la comunità ci impone per ostacolare il contagio.

[2] Nel cum-tangere, toccare insieme, incontriamo l’occasione di ripensare la qualità del contatto per riqualificarne le conseguenze: esistono in vero la febbre buona e  le sciagurate guarigioni.


[3] Sorte è ciò che infatti è annodato insieme (serrere): la frontiera segnata dalla sorte non è forse comune a noi tutti? La nazione Morte non chiude porti e non ha confini, ci accoglie tutti.

[4] L’in-sula è cosa ferma, immersa nel movimento dei flutti: nell’insieme è parte integrante del muovere, contribuisce a caratterizzarlo, invece smette d’essere visibile se vi partecipa… è l’equivoco eterno della falsa necessità di partecipazione alla massa per avvertirsi come individui quando invece si scompare.

[5] L’ in-stare è lo “star sopra” o come lo “star dentro” la stanza delle proprie pretese, un isolamento della volontà.

[6] il com-portamento è ciò che “portiamo insieme”, esiste infatti nel momento in cui diviene osservabile da un’alterità: sempre faccenda comune insomma. “Behaviour” per l’inglese ossia l’essere (“to be”) che si ha (“to have”): il modo d’essere che si possiede in quando “abito”, “abitudine” di cui il suono “have” costituisce famiglia… e ha ragione il Mister: ciò che sei è ciò che veramente hai e in cui veramente abiti.

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